#Venezia76: la recensione di Ema di Pablo Larrain
Arriva alla 76esima edizione della Mostra Internazionale del Cinema di Venezia Ema, il nuovo film di Pablo Larraín (Jackie, Neruda). Ema (Mariana Di Girolamo), giovane ballerina, decide di separarsi da Gastón dopo aver rinunciato a Polo, il figlio che avevano adottato ma che non sono stati in grado di crescere. Per le strade della città portuale di Valparaíso, la ragazza va alla ricerca disperata di storie d’amore che l’aiutino a superare il senso di colpa.
Ema e Gastón (Gael García Bernal), il direttore della compagnia di danza dove lavora la protagonista, adottano Polo per colmare il vuoto lasciato dalla sterilità di Gastón. Tuttavia, la piromania del bambino porta a una tragedia che costringe la coppia a prendere la difficile decisione di separarsi da lui.

Il film si apre con un'immagine potente: Ema che cammina per le strade di Valparaíso con un lanciafiamme sulle spalle, un simbolo della sua ribellione e del suo desiderio di distruggere e ricostruire. Già dall’inizio del film possiamo capire come Larraín non segua una narrazione lineare; ci immerge, invece, in un vortice di emozioni, danze e confronti accesi che riflettono lo stato d'animo frammentato della protagonista, costruendo così un film dalla forza anarchica.
La performance di Mariana Di Girolamo è il cuore pulsante del film. Ema è una figura enigmatica, a tratti insopportabile e profondamente empatica. La sua è una presenza magnetica, e la sua capacità di trasmettere vulnerabilità e forza simultaneamente è impressionante. Il film esplora il suo bisogno di trovare una nuova identità attraverso la danza, il sesso e la ribellione, mentre cerca di riconciliare il dolore della perdita e il desiderio di libertà.
Il rapporto fra Gastón ed Ema è caratterizzato da scontri verbali che rivelano la profondità del loro dolore e della loro frustrazione. Le loro interazioni sono filmate con una crudezza che rende tangibile il loro tormento. Il senso di colpa e il legame tra genitori e figli sono temi centrali che Larraín esplora magistralmente nel film. La complessità della vita di questa coppia raggiunge il culmine quando si rendono conto di dover rinunciare al figlio adottivo. Pablo Larraín riesce a imprimere queste paure e difficoltà in modo straordinario, coinvolgendo profondamente lo spettatore nelle loro vicende.
La città, con i suoi colori vivaci e la sua energia pulsante, è più di un semplice sfondo; è un personaggio a sé stante. Le riprese della città, con le sue strade tortuose e le sue viste mozzafiato, aggiungono un ulteriore strato di bellezza e caos alla storia. La fotografia del film, curata da Sergio Armstrong, cattura magistralmente l'essenza della città, creando un ambiente che riflette l'anarchia interna di Ema.
Nicolas Jaar, che ha curato la colonna sonora del film, fa un mix perfetto dei ritmi reggaeton delle atmosfere elettroniche, rendendo così la musica un altro protagonista fondamentale del film, diventando quasi una voce che guida la protagonista. La musica non solo accompagna le sequenze di danza, ma amplifica anche le emozioni dei personaggi.
La performance di Mariana Di Girolamo è il cuore pulsante del film. Ema è una figura enigmatica, a tratti insopportabile e profondamente empatica.
La danza è un altro pilastro centrale del film. Le coreografie sono audaci e provocatorie, e riflettono il percorso interiore dei personaggi. Ema usa la danza come mezzo per esprimere la sua ribellione e la sua sessualità, sfidando le convenzioni sociali e cercando una forma di liberazione.
Ema non è un film facile da decifrare; il regista non ha voluto esplicitare i messaggi o le “risposte” nel film, ma chiede allo spettatore uno sforzo per decifrare il significato intrinseco del film. Questo comporta che, per molte persone, il film avrà un significato più profondo rispetto ad altre, perché riescono a rivedere quelle vicende nella propria vita, rendendo quindi il film un’opera complessa e stratificata che stimola una riflessione individuale e soggettiva.
In conclusione, Ema è un'esplorazione audace della libertà personale, della ribellione e del potere della redenzione. Pablo Larraín ha creato un'opera che sfida le convenzioni e che lascia un'impronta indelebile. Il film è una celebrazione della vita in tutta la sua complessità e contraddittorietà, e la performance di Mariana Di Girolamo è destinata ad essere ricordata per la sua potenza e fragilità.
A cura di
Alessandro Gallo
Data di pubblicazione: 31/08/2019
Categorie: recensioni
Tag: Ema, Pablo Larraín, Mariana Di Girolamo, Gael García Bernal, Mostra del Cinema di Venezia, Film Recensione, Film Festival, Dramma, Venezia76
